Ricordi di malghe e di malgari…

Domenica 26 ottobre 2008. A lungo ho meditato un percorso da fare sulle nostre montagne, cercando di escludere i trois fatti più volte o eccessivamente frequentati. E’ da tempo mi riproponevo di ripercorrere la Valle di Cjaula assieme a mio fratello Ottavio, che ne era stato pastore all’età di circa otto anni. Così quel giorno decisi d andarci con Erwin, partendo da malga Lavareit. La giornata autunnale è un po’ fresca ma molto bella: passiamo per Cjala Alta scendiamo a Cjaula Bassa e da lì iniziamo a risalire la valle. Ci fermiamo davanti a quello che ne è rimasto della casera della malga Florits Alta, facciamo una sosta e nel contempo ammiriamo il territorio aspro e silenzioso, interrotto solo dallo scalpitare di qualche selvaggina, in particolare di un cervo che si ferma poco distante da noi e ci guarda impaurito, prima di risalire velocemente il versante opposto. Contemplando il territorio della valle, mi tornano in mente i racconti dei vecchi malgari, in particolare di quelli cui sono stato più legato: mio padre, Viti, Livo,. Cerco di immaginare tutte le malghe della valle monticate (Lavareit, Cjaula, Belvedere, Cjaula Tumiecina), senza contare quelle della valle adiacente (Collina Grande, Val Colineta, Plotta). Vi era in quella realtà un movimento continuo di pastori e dì animali. E anche le donne, las farinaries, vi salivano a portare la spesa e riscendevano con i prodotti delle malghe. Penso ai sacrifici delle popolazioni che hanno operato nelle malghe. Un pensiero particolare va ai piccoli pastorelli catapultati in una realtà più grande della loro età. Partivano all’inizio della monticazione, accompagnati dalle madri che portavano sulle spalle il fagot. Partivano pieni di entusiasmo. Entusiasmo che andava scemando con il passare dei giorni e con le prime avvisaglie di nostalgia di casa e della madre, anche se a quei tempi le madri non erano certo provvide di carezze. Le prime difficoltà si manifestavano con i lavori e il tempo (pioggia, vento, tempesta, nebbia, freddo): probabilmente erano scarsamente attrezzati come vestiario. Alla sera, anche se stanchi, con difficoltà prendevano sonno nel lodar, impauriti dai racconti dei vecchi pastori su fantasmi e streghe. Proseguendo lungo la valle, facciamo una sosta a Forcella Plumps, da cui si domina tutta la Val di Gorto, la sottostante malga Moraret, nonché l’imponente e maestoso Coglians. Considerato che la fatica comincia a farsi sentire, ci fermiamo un po’ più spesso. A mano a mano che ci alziamo di quota, raggiungiamo la punta massima, cima Florit (2160 m). La fatica e il fiatone vengono ripagati dal panorama: l’occhio può spaziare tutt’intorno, ammirando cime come il Coglians, Cjanevate, Cima di Mezzo, Celon, Pizzo Collina ecc., nonché le malghe sottostanti e tutta la Valle del Bût. Raggiunto il rifugio Marinelli, naturalmente chiuso, considerata la stagione inoltrata, ci fermiamo per un piccolo riposo, guardando lungo la valle sottostante che non è più quella di Cjaula, ma quella di Collina, dove si scorgono la malghe Plotta, Collina Grande e Va Collina. Non posso non pensare a Giovanni Adami (Bugar). Ricordo che quando si passava rientrando da qualche camminata sul Coglians o solo al Rifugio Marinelli, lui aveva sempre un momento di tempo da dedicarci raccontandoci aneddoti della sua vita. Mi viene in mente uno in particolare. Mi raccontava che nel 1933, lui monticava la Malga Lavareit e zio Doro il Belvedere. Per il trasporto del necessario, Bugar aveva un mulo, che un giorno prestò a zio Doro. Malauguratamente, un giorno il mulo rotolò lungo il ripido Rio che scende prima di arrivare alla Malga Belvedere. Erano avviliti per la mancanza di un così importante sostegno. Senza perdersi di coraggio, il giorno dopo partirono verso la Furlania (il basso Friuli), alla ricerca di un mulo. Ritornarono con il mulo una settimana dopo, ma naturalmente fra le contrattazioni e l’incontro di diversi amici, quei giorni trascorsero velocemente. Riprendiamo il nostro cammino, direzione Monte Croce Carnico, via Scaletta, che superiamo agevolmente. Anche se stanchi raggiungiamo Collinetta Alta. Alla vista della vecchia casera, abbarbicata contro il costone roccioso ormai in abbandono non posso non ricordare tutti gli anni che hanno monticato questa malga, Viti e Livo, con l’aiuto di molti giovani pastorelli di Cleulis. La discesa verso Monte Croce risulta agevole anche se le gambe sono indolenzite. E’ in questa occasione che mi sono ripromesso, appena possibile, di fare una visita ai figli di Giovanni “Bugar”, che ancora conducono l’azienda a Casanova di Tolmezzo. Con il 2006, avevano interrotto la monticazione di Malga Collina Grande e Plotta.

di Paolino Puntel

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